Un’estate senza TL #2
Continuano i racconti dei nostri volontari che ci raccontano della loro estate senza Terre e Libertà …
“Le cose del passato, il vento se le porta via”
Ma il vento fa il suo giro e in un’estate strana come questa, ti coglie di sorpresa: torna portando l’aria secca dell’Africa, l’aria umida di un’altra Africa, quante saranno mai in totale, senti i canti del muezzin alle tre del mattino? Assordanti, per chi è stanco ma troppo pieno di nuove impressioni da elaborare. Ma quel canto, l’avevi già sentito prima. La Bosnia, primo amore, verde ondulata selvaggia, te li ricordi gli occhi infuocati? Quelli di chi i Balcani non ce li ha solo negli album di foto, ma nelle ossa e nella carne. Il cielo nelle stanze a Sarajevo. Se non è il vento a portarti lì, lo faranno solo viaggi infiniti, non conta quale mezzo di trasporto tu abbia scelto. E la voglia di vivere la notte, le lucine sospese sulle strade in Kosovo… non ti puoi perdere, c’è sempre qualcuno o qualcosa che ti indica la via. Viaggiatori, viandanti, migranti, sempre alla ricerca di una strada. Apparteniamo alla terra in cui ci sentiamo a casa, fosse anche solo per un frammento d’estate. Ma in che lingua dice “casa”, chi ha lasciato la sua terra troppo presto e non ha imparato cosa vuol dire? “In che modo comunicavate?” Serve davvero parlare per capirsi? Parlare porta fuori strada, anche scrivere lo fa. C’è una mappa da seguire, sommersa da tutte le parole che usiamo. Quante cose dovrebbero renderci diversi, eppure. Eppure sono qui, davanti a te. Mi vedi? Mi senti? Donami le tue attenzioni, prenditi cura di me in questo istante. Basta poco in fondo per sentirsi speciali. Il mondo è così grande, il viaggio da fare è lungo, eppure ora siamo qui insieme. Te lo ricorderai, un giorno? Regalami una risata, mi tieni la mano? Quanto puoi, quanto riesci, anche solo un istante. Poi il vento farà il suo giro… E ci saranno estati strane in cui questi istanti torneranno, con il vento che arriva da quelle estati passate che mai possono essere dimenticate. Con la gratitudine di averle vissute e la voglia di viverne ancora.Le parole per descrivere le mie avventure con Terre e Libertà faccio fatica a trovarle, per fortuna il vento stasera me ne ha portata qualcuna.
Sara Berardi
TL è uno scatolone di ricordi che sistemi da qualche parte in attesa di mettere radici e che porti con te quando finalmente trovi casa e magari metti su famiglia. E’ pieno di appunti, fotocopie, schemi di giochi, liste dalla spesa e liste di volontari, contatti di persone conosciute altrove e contatti di responsabili, persone che non rivedrai mai più o forse si ed è proprio per questo che conservi i loro indirizzi di casa, i loro numeri di telefono, non importa se nel frattempo saranno cambiati, un indizio potrebbe essere importante per ritrovarli, rivederli, riabbracciarli o semplicemente farti sorridere tra un po’ di anni quando riaprirai quello scatolone messo in un angolo . Non si butta via mai nulla di TL, nemmeno il conto di quella venditrice ambulante palestinese scritto su un pezzo di cartone, chissà mai che cosa avevate acquistato. Qualche scritta sarà sbiadita dal tempo sicuramente, ma non ha importanza, tutto deve essere conservato perché temi che la memoria ti possa ingannare prima o poi e buttare qualcosa sarebbe come buttare una parte di te. Ora che ho messo radici penso sorridendo che per fortuna ho fatto solo 3 campi con TL, altrimenti non saprei dove mettere tutti quegli scatoloni!
Caterina Santinon
Eh beh si, quest’anno senza T&L è veramente strano, ormai da qualche anno non faccio più i campi, ma mi sono mancate un sacco le formazioni: Vedere i volontari che arrivano per la prima volta, che si guardano intorno e però capiscono subito di essere accolti in un qualche cosa di speciale, il loro primo “trauma”: Lo Squalò.Il vedere le ekipe pian piano conoscersi, le mille domande dei volontari: come andiamo ? dove dormiamo ? che medicine dobbiamo portarci ? ma come facciamo con la lingua ? I vari gruppi diventano piano piano un ekipe, che il campo poi unirà ancora di più, lo si vede quando tornano per la verifica, non sono più gli stessi che sono partiti, sono cresciuti sia individualmente che collettivamente.Mi mancano un sacco i ban, mi manca andare a fare la spesa nel Lidl di Brescia e comprare da mangiare per 100 persone, mi manca lo spignattare in cucina e intanto con gli altri della Logistica raccontarsi le varie esperienze. Mi manca il giocone serale e la birretta in compagnia.Ma so che tutto questo tornerà presto e quindi è solo una nostalgia passeggera perché lo spirito di T&L è più vivo che mai anche in questa estate senza Terre e Libertà.
Paolo Fasan
“Non vorrei essere da nessun’altra parte del mondo”…questo è stato il mio pensiero durante la prima giornata di attività a Sapna, un lontano pomeriggio di agosto dell’anno 2007. Quel paese rurale, uscito da un film degli anni ’50, i miei compagni di viaggio (soprattutto Valentina, che era la mia ragazza e che poi è diventata mia moglie), le attività ed i sorrisi felici e spensierati di tanti bambini, con nomi che erano difficili da imparare e con visi che sono praticamente impossibili da dimenticare. C’era davvero tutto quello che desideravo o, meglio, c’era tutto quello che serviva davvero…e quella felicità, quella incredibile “pienezza”, si sono ripetute anche nei due anni successivi (ancora a Sapna e a Bosanska Krupa).Da sempre sono convinto che le esperienze importanti non sono quelle che lasciano “solo” dei ricordi, ma quelle nelle quali si riesce ad entrare, a fare proprie e dalle quali si esce diversi da prima…o, forse, dalle quali non si esce più. Per me la Bosnia, sino ad allora, era “solo” un pezzetto di storia, inserito nella tragedia delle guerre che hanno sconvolto la ex Jugoslavia. Palazzi in fiamme, bombardamenti, distruzioni…cose che hanno sempre catturato la mia attenzione e la mia commozione di ragazzo ma che, in fondo, erano lontane. E soprattutto, prima di quel fatidico 2007, sapevo pochissimo delle attività di volontariato sorte in quei territori e praticamente nulla di TL. Ma, quasi per caso, in una sera invernale di quell’anno, alcuni amici mi hanno raccontato del progetto e delle loro esperienze negli anni precedenti. Mi ci sono accostato, in punta di piedi. È stato come avvicinarsi ad una porta socchiusa…appoggiare un orecchio per capire cosa sta succedendo dall’altra parte e poi, all’improvviso, essere afferrati da una mano che ti trascina dentro!All’inizio sei un po’ frastornato: le formazioni, i ban (che non sono mai riuscito a digerire fino in fondo), le attività di conoscenza e approfondimento…ma, poi, inizi a farne parte, a muoverti come in una sorta di pista da ballo un po’ caotica…è una specie di kolo (n.d.r. una danza bosniaca, ritmata e ipnotica): imparare i passi è abbastanza difficile (soprattutto per chi, come me, non ha mai fatto della coordinazione la sua caratteristica migliore), ma quando inizi a muoverti all’unisono con altre centinaia di persone è davvero esaltante. Questo è, per me, TL: un progetto caotico (nel senso più bello e entusiasmante del termine), eppure organizzatissimo e condotto in modo ineccepibile del quale, quando entri a farne parte, non smetti mai di sentirne il battito, anche se la vita ti porta da altre parti.Ma alla fine mi rendo conto che di tutto ciò che mi ritorna in mente, più chiari di tutti, vedo i volti degli amici e dei bambini con i quali ho condiviso un tratto di strada e, magari, anche un pezzetto di cuore.
Giacomo Sala
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